Quando si pensa ai vini muffati il pensiero corre immediatamente ai Sauternes francesi, prodotti utilizzando soprattutto le uve del Semillon e del Sauvignon blanc. Qualche intenditore può ricordare i Trockenbeerenauslese tedeschi e austriaci. I vini muffati più importanti italiani sono umbri e vengono in particolare da Orvieto. Nel disciplinare della DOC Orvieto è infatti presente la tipologia “Muffa nobile”.
Pochi sanno però che l’origine dei vini muffati è ungherese. La loro scoperta è legata alla zona del Tokaji e all’invasione turca del sedicesimo secolo che provocò l’abbandono dei vigneti. Un successivo tentativo di recuperare il raccolto attaccato dalla Botrytis ha portato alla scoperta delle muffe nobili. Nel 1641 fu emanata la prima legge che regolamentava la produzione di questo vino nella regione di Tokaj-Hegyalja. Una vera e propria classificazione in Cru viene definita per legge nel 1772.
La Botrytis cinerea (o muffa grigia), è un fungo che si sviluppa sui grappoli in particolari condizioni del vigneto, tra cui alta umidità e scarsa ventilazione. Nella maggior parte dei casi, lo sviluppo di questo fungo porta ad un peggioramento sanitario e qualitativo dell’uva, con conseguente perdita del raccolto. In altri determinati casi e in condizioni particolarmente favorevoli questa muffa si sviluppa in una forma che apporta al grappolo caratteristiche positive, tanto da essere considerata “muffa nobile”.
La fermentazione dei vini muffati è difficoltosa e lunghissima, può anche durare un anno! In seguito, il vino passa in botte per 2-3 anni e infine viene imbottigliato. La muffa conferisce al vino un valore aggiunto a livello di aromi e profumi (miele, spezie, frutti canditi, vaniglia, nocciole e caramello). Si tratta di nettari alcolici ben strutturati e molto armonici, con una gradazione alcolica notevole. Serviti in dosi moderate, si abbinano piacevolmente ai dessert, ai formaggi stagionati e piccanti (come il Gorgonzola o il Roquefort) e alla frutta secca.
Si è dovuti però arrivare ai giorni nostri per scoprire i segreti di questi vini e in particolare perché Botrytis cinerea riesce a mutare così profondamente il profilo aromatico dell’uva e del vino.
I ricercatori dell’Università di Davis hanno dimostrato in che modo questa muffa cambia il metabolismo della pianta per la produzione di nuovi sapori ed aromi nelle uve dalla buccia bianca. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Plant Physiology.
Durante l’infezione con la muffa nobile, la Botrytis induce processi metabolici sugli acini d’uva bianca che normalmente si verificano solo durante la maturazione delle uve a buccia rossa. Si tratta di un’osservazione mai vista prima, perché le bacche bianche sono, infatti, mutanti di sviluppo che non sono in grado di attivare diversi percorsi di maturazione, come la sintesi di antociani, molecole che impartiscono il colore rosso alla pelle degli acini d’uva rossa. La ricerca ha inoltre confermato che la riprogrammazione del metabolismo dell’uva da Botrytis provoca l’accumulo di composti chiave dell’aroma e del gusto che rendono così speciali i vini dolci da uve botritizzate.
“Questo lavoro dimostra quanto sia efficace l’integrazione tra genomica e metabolomica per l’analisi dell’impatto delle interazioni pianta-microorganismo sul metabolismo vegetale in condizioni di campo – ha affermato Dario Cantu del Dipartimento di Viticoltura ed Enologia dell’UC. Davis – Il lavoro potrebbe portare a nuovi approcci al fine di migliorare le caratteristiche qualitative dell’uva”
Graziano Alderighi
pubblicato in data 11 dicembre 2015 in Strettamente Tecnico > Mondo Enoico (Teatro Naturale)